Giovedì, 25 Aprile 2024 16:11

Quando la distopia non è più solo un genere narrativo In evidenza

Pubblicato in Cinema
Letto 4036 volte
Vota questo articolo
(0 Voti)

In concomitanza dell'annuncio dell'uscita della quarta stagione di "Black Mirror" (che vedrà alla direzione di uno degli episodi Jodie Foster) prevista per dicembre, si rende celebre anche l'uscita di nuova nuova app che sembra provenire direttamente dal primo degli episodi della terza stagione "Nosedive", dove una giovane donna, Lacie, vive in un mondo dove le persone vengono valutate istantaneamente per mezzo di un'app utilizzabile da un dispositivo del tutto simile ai moderni smartphone, il cui punteggio varia a seconda dei loro comportamenti ed interazioni sociali, ciò comportando delle conseguenze nella vita sociale proprio sulla base di quel punteggio. Nonostante l'attenzione riportata sul modo di utilizzare la tecnologia nel quotidiano e le riflessioni scaturite da questa serie, l'app in questione Credo360 (che valuta le persone con un punteggio da 1 a 360) preesisteva alla serie e non era affatto l'unica, infatti i primi prototipi del progetto vengono dalla Cina con RateMe e l'app americana Peeple, nate per assicurare alle persone una vita più sicura tra persone oneste, (anche in virtù delle nuove modalità di car-sharing) e mentre il confine tra vita privata, vita lavorativa e vita virtuale diviene sempre più sottile sgretolando qualsiasi limite alla privacy, si guarda alla scienza sociologica e all'infinita letteratura contemporanea che pone delle riflessioni su quanto l'essere umano sia oggi proiettato a quantificare sé stesso proprio sulla base del successo delle sue interazioni personali, che passano sempre più frequentemente dai social, con manifestazioni di apprezzamento virtuale. Nella speranza che questa nuova mania non prenda piede e che questo tipo di app non arrivino mai a contare il numero di utenti che si presenta per Facebook e Instagram, ci chiediamo fino a che punto questo eccessivo controllo sulle vite del singolo possa apportare in qualche modo un senso di sicurezza maggiore nel già massicciamente ovattato microcosmo della vita degli utenti, che nell'illusione di essere collegati col mondo, escono molto meno, dai loro confini quotidiani, anche nei termini (più strettamente psicologici) di zone di comfort. Inoltre, in un mondo che ha sempre ripudiato l'idea che un numero potesse definire una persona o le sue capacità, a partire dalla categoria studentesca, è veramente possibile che questa mania prenda piede? Ai posteri l'ardua sentenza.

Seguici su Facebook