E se maltrattassimo i trattati?

La colpa della crisi? Sicuramente del Legislatore, nazionale e internazionale. Però, oltre a lamentarsi a giusto titolo, mi sembra che si parli con fin troppa approssimazione di modifica dei Trattati e di rilancio dell'Unione Europea, senza avere in testa politicamente nessun disegno strategico e sistemico alla Shuman. Siccome, come direbbe qualcuno, "io il curriculum ce l'ho", provo a dire pubblicamente come restituire potere al Popolo senza fare "populismo". Visto il monito quirinalizio sul fatto che i Trattati europei non vanno maltrattati ma semmai cambiati, provo a inserirmi in questo discorso, nel tentativo di suggerire, dal mio punto di vista, come si potrebbe davvero dare nuovo impulso alla costruzione europea. E come si costruisce una nuova Ue? C'è qualcosa di originale nella scontata retorica unionista di Mattarella, Macron e Merkel? Per dire: si pensa a un inedito disegno rivoluzionario per il futuro dell'Unione che liberi le immense energie positive che ancora oggi esistono sul Vecchio Continente? Forse, l'unico luogo di recupero di quell'idea epocale di "Mai più guerre tra di noi!" è di ridurre la siderale differenza che esiste tra i due termini oggi a confronto (che hanno, cioè, sostituito le antiche antinomie di destra-sinistra) tra "Popolare" e "Populista", rafforzando notevolmente il primo. Oggi, infatti, la crisi è tra Elite e Popolo. Vediamo un esempio tutto italiano. Tranne la Lega, il così detto "Arco costituzionale" di Monti varò nel 2012, in soli sei mesi e a maggioranza qualificata dei due terzi in entrambi i passaggi alle Camere (praticamente nottetempo e senza nessuna campagna di informazione adeguata nei confronti dell'opinione pubblica italiana!), una pesante riforma costituzionale per introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione, sottraendo così ai cittadini italiani la possibilità di dire l'ultima parola sul Trattato del Fiscal Compact che crea vincoli insuperabili al bilancio pubblico nazionale. Ma la stessa cosa riguarda Dublino e la Convenzione sui rifugiati. Chi, tranne gli esperti, si è accorto di quanto siano oggi obsolete e pericolose le aperture all'invasione indiscriminata a beneficio di chi, pur non correndo nessun rischio reale di persecuzione, usi la Convenzione come un grimaldello per chiedere il diritto d'asilo, in modo da profittare della prima accoglienza di Paesi frontiera in crisi come l'Italia e la Grecia? Del resto, la tutela dei confini comunitari di terra e di mare ai fini del contrasto all'immigrazione clandestina è la più importante delle questioni irrisolte europee. In tal senso, urge un diritto d'asilo comunitario da subito operativo dotato di strutture comuni per l'analisi centralizzata delle domande e per l'equa ripartizione dei soccorsi in mare, con corridoi umanitari che veicolino le persone assistite all'interno della Ue nei diversi porti e stazioni di accesso via terra. E, a proposito di "Popolo": quando mai quello vero se interrogato avrebbe avallato la follia del Trattato di Dublino? Quindi, un serio rimedio è di rendere i referendum approvativi obbligatori nei singoli Paesi membri sottoscrittori, per l'approvazione/modifica dei Trattati, suddivisi preferibilmente per sezioni autonome (da votare Y/N separatamente nei quesiti referendari) dei principi in essi contenuti. Nel caso di bocciatura parziale da parte dell'elettorato di uno o più Paesi sottoscrittori si possono in alternativa costruire clausole "opt-out" per le parti rigettate dagli elettorati nazionali, ovvero costituire un sistema ad anelli concentrici in cui gli elementi più esterni siano caratterizzati da minori vincoli rispetto a quelli del nucleo centrale maggiormente coeso e omogeneo. Altra grandissima rivoluzione che mi sentirei di proporre: la Commissione deve essere composta da Commissari politici (con incarichi a rotazione ogni cinque anni!) e da capi Dipartimento di loro scelta. Per questi ultimi, vanno costruiti meccanismi premiali che ne consentano l'immediata sostituzione, da parte del Commissario politico competente, in caso di risultati insufficienti, mentre la scelta dei primi è fatta dai rispettivi Parlamenti nazionali in seduta plenaria e a maggioranza qualificata. I Commissari partecipano di diritto al Consiglio dei Ministri del proprio Paese qualora siano all'o.d.g. materie d'interesse dell'Unione, quali decisioni, progetti di legge di adeguamento o di recepimento di direttive/regolamenti comunitari. E questa rivoluzione, a mio avviso, sancirebbe la fine della dittatura dell'euroburocrazia. Per non farci mancare nulla passiamo alle cose di casa nostra, dei perdenti (Pd, in particolare) che si dichiarano contenti. Ricordate quella battuta popolare? Quando, cioè, la figlia adolescente confessa alla madre di essere sì incinta, ma: "poco poco". Ecco, la metafora è perfettamente aderente all'atteggiamento odierno dei dirigenti sconfitti del Nazareno, sede del Partito Democratico. Nessuna riflessione critica da parte loro per individuare quale comportamento, strategia e scelte li hanno inguaiati al punto di dimezzare i consensi precedenti eliminandoli da tutti i giochi di palazzo, fuorché quello della grande ammucchiata di stampo quirinalizio, in cui le singole responsabilità si sarebbero confuse e rese indistinguibili nel governo comune di salute pubblica di breve durata. Solo, appunto, come farebbe un'adolescente, quella inutile confessione pubblica di chi avendo perso le elezioni pone arbitrariamente direttamente all'opposizione i milioni di consensi ricevuti, senza quindi prima consultare la base per la scelta delle alleanze. Così come la figlia litigherebbe aspramente con sua madre per l'imperdonabile errore commesso, parimenti le anime della vecchia sinistra catto-comunista si prendono a capelli su questioni del tutto irrilevanti e marginali per le sorti dell'Italia. Infatti, anche se si fosse consacrato l'ircocervo Pd-M5S voluto dall'amante minoritario Martina-Franceschini-Emiliano è difficile immaginare il volto e il carattere della creatura che poi ne sarebbe nata. Ovvero: quale sarebbe stato lo spazio comune d'intesa, visto che entrambi i loro leader nazionali avevano giurato prima e dopo il cinque marzo che l'eventuale matrimonio politico riparatore (dopo la sconfitta bruciante dell'uno e il successo travolgente dell'altro su propagande elettorali opposte) non sarebbe mai stato possibile? Del resto, dopo il cinque marzo avevo evidenziato come Renzi mantenesse un assoluto potere d'interdizione rispetto alla scelte delle future alleanze di governo, detenendo un solido pacchetto parlamentare di controllo all'interno del Pd come della relativa assemblea nazionale. Una sorta di Passator Cortese, come lo furono il Craxi e il Psi dei tempi d'oro. Per coerenza, occorre dire che non si può vincere perdendo, come sarebbe accaduto in caso della nascita dell'ibrido Pd-M5S. Infatti, gli elettori della sinistra, passati ad altri lidi, hanno voluto penalizzare con la loro scelta proprio le passate condotte dei governi a guida Pd, con particolare riferimento all'occupazione, all'immigrazione e alla sicurezza. Quindi, Renzi non ha avuto altra scelta che tacere per quasi due mesi di trattative al Quirinale, facendo abortire l'ircocervo con una semplice dichiarazione televisiva nel solito talk mainstream. Dopo di che, è andata in scena l'usuale moina conformista: una direzione del Pd entrata profondamente disunita è uscita con una decisione unanime di bocciatura dell'intesa eventuale tra sinistra e M5S, per tornare a litigare e dividersi subito dopo sullo stesso argomento, una volta lasciata la sede della riunione. Comodo, in fondo: le "baruffe chiozzote" sono un ottimo propagatore di nebbia per tenere costantemente fuori della porta della Storia i necessari chiarimenti sul fallimento della sinistra in Italia e in Europa, a partire dal 1992. Ricalcando le proprie orme, che lo videro puntare sulla vittoria della Raggi a Roma per dimostrare quanto il Movimento fosse incapace di governare realtà complesse, combinando solo guai (e qui, mi sembra, abbia avuto pienamente ragione), così oggi Renzi scommette sulla "Nitroglicerina" dell'alleanza ipotizzata tra Lega-M5S che, dal suo punto di vista, farebbe implodere in temi brevi le velleità populiste e sovraniste di entrambi. Un gioco d'azzardo, quindi, con molte incognite e "outcome" imprevedibili.

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