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Cultura: l'autrice Annarita Faggioni si racconta

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Annarita Faggioni cosa mi racconti di te? Sono una '90ina animata dalla passione per la scrittura e la letteratura. Ho trasformato questa mia passione in un lavoro da copywriter, in un blog letterario e in una collana editoriale. Spero, un giorno, di realizzare un sogno d'Oriente. Nel frattempo, scrivo. In che situazione ami scrivere i tuoi libri? Di notte, di giorno, in una stanza particolare, in un momento particolare della giornata, in viaggio? Da qualche mese c'è una stanza particolare, che è il mio studio, a casa. Lì si sviluppano sogni di carta tipo "Fantasìa" di Ende memoria. Se mi capita un'ispirazione di notte, segno sul blocco note qualcosa poi il giorno dopo la rielaboro. Per descrivere un personaggio X a chi ti sei riferita nella vita reale? Esiste o è frutto della tua fantasia? Se è frutto della tua fantasia, come li costruisci i discorsi ed i comportamenti di qualcuno che non è mai esistito? Ti appoggia a qualche tuo momento di razionalità? Nel romanzo specifico non ci sono riferimenti alla vita reale. Ci sono personaggi che nascono con una volontà tale che non li puoi fermare. Puoi solo ascoltarli. Altre volte, ci ragioni un po' su, oppure ti prepari almeno una scheda che ti dia la base per capire come reagirebbe quel personaggio in quella determinata situazione. Giusto per non avere poi gente schizofrenica. Mi faccio aiutare molto dalla musica giusta e da quelle che sono le emozioni del momento. Ciò che è buono e bello nella vita diventa personaggio, ciò che è brutto tendo a minimizzarlo solo come un comportamento, se mi ha fatto davvero male. Cosa ti ha dato principalmente l'ispirazione per la scrittura del libro? Allora, il racconto da cui nasce il romanzo aveva un tema bene/male che è stato seguito. Poi, la spinta orwelliana mi ha teso le braccia verso il distopico. Infine, un periodo di vita più vicina all'altra parte, per così dire, ha creato quello che poi è il libro. Parlaci del tuo "L'Ombra di Lyamnay". Vedi altri progetti per il futuro? "L'Ombra di Lyamnay", edito per la prima volta nel 2015, è in seconda edizione dal 2017, grazie a una bella collaborazione, che ci consente di pubblicare autori esordienti fuori mercato, ma meritevoli di trovare lettori. Il romanzo è una storia ricca di dettagli e dai personaggi che non mancheranno di sorprendervi. Si possono amare, oppure odiare. In ogni caso, qualcosa nel vostro cuore non potrà che aprirsi. Si scrive sempre, quindi c'è sempre qualche nuovo progetto nel cassetto. Questo libro, per esempio, ha ancora migliaia di strade da percorrere, in Italia e non solo. Scrivi sia per lavoro che come autrice. Qual è la differenza? Come copywriter, devo seguire quelli che sono gli obiettivi e la SEO, oltre alle esigenze del cliente e del suo utente. Da autrice, invece, posso far volare la mia fantasia. Sono due ambiti completamente diversi per me, due facce della stessa medaglia. Anzi, facciamo tre, considerato anche il sito letterario. Cosa sceglieresti tra essere pubblicata da una Casa Editrice o rimanere indipendente? Valuto da libro a libro. Per "L'Ombra di Lyamnay" gradirei restare indipendente, perché c'è un seguito. Per il thriller, invece, vorrei trovare la realtà editoriale giusta. Dipende molto dal libro e dal genere. Da dove nasce Skylhope? Skylhope nasce dal caffè Vittoria (scherzo). All'inizio si chiamava Chomsky, poi è diventato Skylhope come a dire "Cielo di speranza" per i suoi abitanti, come era nelle prime intenzioni quando John Reckon ideò la città in modellino per salvarla dai cambiamenti climatici. E Lyamnay? Da dove nasce? Lyamnay nasce come nome come anagramma di Mya Nayl. Nel secondo romanzo si spiega il rapporto tra le due, che è comunque conflittuale. Lyamnay nasceva, nel racconto, come la "Ribelle" che non accettava lo stato delle cose, quindi i sacrifici disumani che gli abitanti sono costretti a fare per restare in questa città- rifugio. Nel romanzo, passa dall'essere un'ombra oscura a...NIENTE SPOILER! Quando hai incominciato a scrivere? Eri sicura di diventare scrittrice? Io ho iniziato a nove anni e mezzo, ma non volevo diventare scrittrice. Per molto tempo ho pensato che non fosse nulla di che. Comunque, non ho mai pensato di diventare chissà quale scrittrice famosa. Ho iniziato perché mi piaceva farlo. Ho scoperto di diventare più consapevole a ogni passo. Ora mi sento un'autrice, con un passato e un futuro. Niente di "scrittrice Mondadori" insomma. Sono me e la letteratura è la mia vita. That's all. Come nasce la tua passione per la scrittura? Scrivere è una passione che mi porto dentro fin da bambina. Con il tempo, qualcosa è cresciuto dentro di me e non posso più farne a meno. Leggendo, guardando e scoprendo sempre cose nuove: così coltivo questa mia passione anche nel tempo libero. Raccontarsi: quanto di te c'è in questo nuovo libro? In realtà, di me c'è poco. Non c'è un personaggio che mi somiglia o qualcosa del genere. Sta di fatto che questo libro mi salvò la vita e che, ancora oggi, riesce a sorprendermi e a sorprendere il lettore. Ci sono tante riflessioni. Poi, come sempre, inconsapevolmente si racconta sempre un po' di sé. Raccontarsi, volente o dolente, fa parte di chi scrive. Raccontarsi per raccontare qualcosa che è nel lettore. Di solito, l'autore scrive solo la base: sta al lettore "dire la sua", con il suo carico di emozioni e vissuto. Qual è il tuo pubblico ideale? A che lettore pensi quando scrivi? Non penso a un pubblico specifico quando scrivo. Mi farebbe piacere trovare, però, un lettore che ami la novità, l'originalità, che non si accontenti della banalità. Non si accontenti della parola tirata con i denti. Che, curioso, vada a esplorare come un bambino in un bosco di fate. E che, come un bambino, mai si arrenda di fronte alle sfide più ardue. Sì, il mio lettore dovrebbe essere proprio così. Prossimamente... Cosa hai in programma? Io ho questo thriller su Milano in cerca di editore, poi passerò alla versione internazionale de "L'Ombra di Lyamnay", in modo che il seguito esca direttamente bilingue. A chi è dedicato il tuo libro? A Orwell, con le mie scuse più sincere... Noi tutti abbiamo un autore storico che ci entra nel cuore e fa volare la nostra fantasia facendo muovere la penna fino a crearne un romanzo tutto nostro! Tu hai qualche autore a cui attingi le tue ispirazioni? Io ho degli "zii", ovvero dei grandi autori che mi danno il buon esempio. Non so se mi ispirano, come Orwell, però penso a loro e mi sento a casa. La mia famiglia si sta allargando anche a gente d'oriente. Sicuramente: Leopardi, Blake, Wilde, Poe, Rodari, Penna, Pasolini, ecc.