Giovedì, 18 Aprile 2024 10:48

C'era una volta l'infanzia… Il diritto di essere bambini

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"Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano": così diceva un tempo Antoine de Saint-Exupéry. E chissà cosa avrebbe detto di fronte alla triste scoperta che tale dimenticanza, allora come oggi, continua a persistere. Viviamo nell'epoca in cui tutto corre veloce, infanzia compresa. E non è necessario chiamare in causa i mass media, che sempre più spesso strumentalizzano l'innocenza dell'infanzia sottomettendola alle logiche dell'audience. Purtroppo basta guardarsi intorno ogni giorno per vedere bambini 2.0 che passano il loro tempo tra smartphone, Ipod e Ipad e che un pallone l'hanno visto solo nel loro ultimo gioco alla PES. Bambini che si dividono tra scuola, compiti a casa, calcetto, pianoforte, danza e karate, che fanno di tutto ma chissà se poi si divertono per davvero. Bambini sovrastimolati, adultizzati e superimpegnati. Bambini precocizzati che leggono a 3 anni, che a 5 parlano 3 lingue, che a 6 scrivono un romanzo, che a 7 conoscono le leggi della fisica e della metafisica e che poi a 8 anni hanno inevitabilmente l'esaurimento nervoso. Dall'altro lato, ovviamente, ci sono bravi genitori offrono ai propri figli più possibilità di quante questi abbiano davvero bisogno per vivere pienamente la propria età. Adulti frettolosi e spaventati dall'idea che il proprio figlio non stia al passo; un passo strutturato secondo schemi, tempi e metodi stabiliti dai "grandi", che non asseconda dunque il desiderio del piccolo di conoscere e imparare, ma sempre in modo leggero e giocoso. Adulti che insegnano ai propri figli che ciò che conta è il risultato, che non vale la qualità del processo attraverso cui si apprende ma la quantità delle nozioni conosciute. Adulti che riducono sempre più il divario tra età adulta e infanzia, trasformando i bambini in una caricatura adultomorfa: bambini che giocano a fare i grandi ma che del gioco - nel senso più vero e semplice del termine- hanno sempre meno esperienza. Le pressioni esterne, le incalzanti richieste a tenere elevati i ritmi della prestazione e l'iperstimolazione, generano così ansia, intolleranza ai fallimenti e alle frustrazioni, insicurezza o disistima in un'età in cui la leggerezza e la curiosità fine a se stessa dovrebbero essere esclusivi interessi. In forte aumento, infatti, sono i casi di fobia sociale, scolastica, ansia generalizzata, che colpiscono fasce d'età sempre più basse. Folte schiere di psicologi, psicoterapeuti e pedagogisti ammoniscono sui rischi della "precocizzazione" eccessiva, che tende spesso a castrare altre fondamentali dimensioni dello sviluppo del bambino. Una conferma di ciò è stata già data dal famoso caso di William James Sidis - a cui nel '97 Matt Damon e Ben Affleck si sono ispirati per la sceneggiatura di "Will Hunting" di Gus Van Sant- tragico esempio degli effetti della precocità dell'apprendimento. Sidis a 18 mesi già leggeva il New York Times, a quattro anni ha imparato da solo il greco e il latino, parlava correttamente una quarantina di lingue e a 11 anni girava per le aule di Harward. Sidis conosceva tutto, eccetto il piacere di essere un bambino. Restituiamo dunque alle nuove generazioni il diritto di vivere la propria età con leggerezza. Il tempo di essere grandi - geni (in)compresi o meno - verrà da sé.

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