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Ciao Paolo... Noi speriamo di cavarcela anche senza di te

Pubblicato in News

"Paolo Villaggio poteva andarsene solo di lunedì": così scrivono su Twitter par salutare il mitico ragionier Fantozzi, che ha reso un lunedì estivo un po' più triste e silenzioso. Un silenzio riservato, quello di chi non ha parole per riempire certi vuoti. Un vuoto che non resterà mai tale: a riempirlo, le storie senza tempo raccontate dal comico e attore genovese. L'attore aveva 84 anni ed era ricoverato dai primi di giugno nella clinica privata Paideia di Roma dopo essere stato seguito anche dal Policlinico Gemelli. Ad annunciare la morte, la figlia Elisabetta su Facebook dove, su una foto del padre giovanissimo, scrive: "Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare". Paolo villaggio - che dai più viene spesso chiamato con il nome del suo alter ego Fantozzi - è stato scrittore e autore, protagonista di una stagione storica dell'intrattenimento, tra grande schermo, radio e tv. Ha dato il volto a mille personaggi, primo fra tutti proprio il ragionier Ugo Fantozzi In realtà, la sua è stata un carriera poliedrica: dopo una fortunata carriera nel cabaret e alla televisione indossando i panni del sadico professor Kranz e del sottomesso impiegato Fracchia, ottenendo subito una grande popolarità, Villaggio fa il suo ingresso nel mondo del cinema. Nel 1970 fu l'alemanno infanticida in "Brancaleone alle Crociate" di Mario Monicelli; poi lo si vide a fianco di Vittorio Gassman e, nel 1974, in "Non toccare la donna bianca" di Marco Ferreri. Con Fantozzi l'attore si converte al cinema nazional-popolare, con un successo destinato a crescere e restare fino ai giorni nostri e oltre. Eppure, dietro la maschera del comicità, si è sempre celata anche quella della riflessione, attraverso cui Villaggio ha valorizzato i tratti più amari e malinconici della grande "maschera" di perdente. La carriera comica dell'attore è caratterizzata anche da diversi film d'autore, quali la "Voce della luna", "Segreto del Bosco Vecchio", Cari fottutissimi amici. Indimenticabile, però, resta l'interpretazione del maestro Marco Tullio Sperelli trasferito per errore in un centro vicino a Napoli, in "Io speriamo che me la cavo", adattamento cinematografico del romanzo di Marcello D'Orta. Tra i riconoscimenti, ricordiamo il David di Donatello come miglior attore protagonista per il film di Fellini, il Leone d'Oro alla carriera (1992), il Nastro d'argento per Il segreto del bosco vecchio, il Pardo d'onore a Locarno (2000). Per non parlare della sua attività di scrittore satirico o delle incursioni sulle scene teatrali. Un artista a 360 gradi, un comico che ha saputo colpire il cuore e l'immaginario delle genti più svariate nel corso degli anni, nuovo eppure sempre lo stesso, col sorriso bonario eppure amaro, con lo sguardo limpido e anche profondo. Un uomo che ha interpretato un altro uomo, l'italiano medio, lo sfigato, come tutti noi ci siamo sentiti almeno una volta nella vita. Perché Paolo è Fantozzi. E Fantozzi, oggi un po' più di ieri, siamo anche noi.