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Asili e maltrattamenti, tra omertà e denunce

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"Il mondo può essere salvato solo dal soffio della scuola (Talmud)." Se il tocco della scuola, però, da delicato come un soffio diventa pesante quanto uno schiaffo, da istituzione salvifica ed emancipante, essa si trasforma in luogo di trauma e terrore. La vecchia didattica, quella dei nostri nonni o genitori, è piena di casi di rigide punizioni - anche corporali - le quali, allora, erano ritenute base fondante di una buona educazione. Dai tempi in cui l'educazione stava sulla punta di una dura riga o di un cecio sul quale si sbucciavano ginocchia e capricci, oggi sono ben altri i metodi educativi ritenuti validi ed efficaci. Eppure, ad oggi, sono più di 70 i casi di presunti maltrattamenti in asili nido o scuole d'infanzia raccontati dalle cronache negli ultimi 7 anni. Bambini costretti a mangiare il proprio vomito, lasciati al buio, presi a gomitate, minacciati. Bambini che si affidano ad adulti i quali diventano caregiver di riferimento, a volte più dei genitori, e che invece si trasformano in carnefici spietati. L'ultimo caso - di pochi giorni fa - è stato rilevato in un asilo di Vercelli ed ha portato all'arresto di tre maestre accusate di maltrattamenti fisici e psicologici a bambini fra i 3 e i 5 anni. I media parlano solo di una piccola parte dei casi denunciati, ma il numero dei fascicoli aperti dalle procure è molto più alto. Molte denunce hanno portato a processi, ma solo una parte di essi si è conclusa con condanne. È nel 2009 che per la prima volta le telecamere di sicurezza hanno filmato quanto accadeva nel nido 'Cip e Ciop' di Pistoia, svelando le violenze di due maestre su ben 25 bambini. Pietro Forno, procuratore di Milano, ha spiegato che le denunce sono in realtà molte, ma non tutte sono fondate. Per fortuna i maltrattamenti effettivi e reali rappresentano un'eccezione, ma non sono casi rari e andrebbero colti con la maggiore tempestività possibile per salvaguardare il benessere fisico e psicologico dei bambini. Di solito sono i genitori a denunciare i fatti, ma non sempre. A prevalere c'è un senso di omertà, timore, quieto vivere, se non addirittura indifferenza verso i gravi traumi provocati da tali condotte nei propri figli. Oppure, piuttosto che andare subito da carabinieri e magistrati, si parla prima con le responsabili delle strutture, le quali tendono a risolvere tutto nelle quattro mura della scuola per preservarne il buon nome. Molte scuole ignorano addirittura l'esistenza di una circolare ministeriale del 2006 che permette di sospendere le maestre indagate: gli istituti, di solito, aspettano che a intervenire sia invece la magistratura. E anche quando si arriva a condannare un educatore, l'interdizione dai pubblici uffici resta comunque a discrezione del giudice. Qualora questa venga prevista, dopo qualche anno si può comunque tornare in aula o farsi trasferire. In realtà - spiega il sociologo Marziale - a volte sono gli stessi genitori a giustificare tali atteggiamenti, utilizzati in primis anche in casa, come le vecchie tradizioni insegnano. Nel 2013 la Association for the Protection of All Children ha denunciato l'Italia al Comitato Europeo per i diritti sociali del Consiglio d'Europa, proprio perché troppi italiani puniscono i propri figli corporalmente. Secondo le associazioni in difesa dell'infanzia, il nostro paese fa troppo poco per prevenire gli abusi, i quali avvengono anche in strutture pubbliche. Sotto accusa la mancanza di paletti nelle assunzioni, visto che in molti nidi e materne non ci sono controlli sulla 'tenuta emotiva' dei docenti. Ad oggi, le regole per le maestre cambiano in base a quanto viene deciso dai Comuni. Solo alcune Regioni come Toscana ed Emilia- Romagna, hanno emanato leggi che prevedono un coordinamento pedagogico e regole severe per la supervisione dei bambini. In Campania, Sicilia e Calabria, ad esempio, non ci sono leggi sugli asili nido. In generale, ovunque mancano controlli. Forte è il dibattito riguardo le modalità con cui effettuare tali controlli: test psico attidinali, supervisioni cicliche e costanti, telecamere. I genitori sono convinti che il mezzo più efficace sia proprio quest'ultimo: qualora siano stati invitati a partecipare direttamente alle attività scolastiche o a supervisionare in maniera random e improvvisa le insegnanti, questo invito da parte delle maestre e responsabili pare non sia stato accolto. Più sicuro - in quanto oggettivo, costante e discreto - resta la telecamera. Nonostante ciò, nel maggio 2013 il Garante della privacy ha bocciato l'uso indiscriminato delle webcam negli asili nido. Ad ogni modo, il dibattito resta aperto, tanto è vero che in seguito ai più recenti casi di cronaca sono state raccolte 5mila firme con la petizione nazionale 'Telecamere obbligatorie negli asili e nelle scuole materne' lanciata su Change.org. Interessante, sembra essere la proposta di legge presentata dalla parlamentare di Forza Italia Nunzia De Girolamo, la quale propone l'introduzione delle telecamere negli asili e nelle case di cura, oltre ad una sorta di abilitazione psicologica per ricoprire certi ruoli. Una proposta che prova ad unire la duplice richiesta di un controllo costante e indelebile e di una formazione specifica per figure professionali incaricate di promuovere una sana crescita psicofisica delle nuove generazioni.