La malattia di Whipple

Pubblicato in Salute

La Malattia di Whipple è un'infezione batterica che colpisce frequentemente il sistema gastrointestinale; interferisce con la digestione alterando la composizione degli alimenti, in particolare di grassi e carboidrati, ostacolando la capacità di assorbimento dei nutrienti. Può infettare anche altri organi e risultare, quindi, molto grave, diffondendo, nello specifico, a cervello, cuore, articolazioni ed occhi. L'incidenza, nei paesi del centro Europa, è inferiore ad 1 per milione l'anno ed il quadro clinico risulta variabile. Alcuni sintomi frequenti, sebbene non necessariamente presenti, sono: perdita di peso, poliartrite, diarrea/malassorbimento, febbre, linfadenopatia, valvulopatia cardiaca, endocardite (negativa all'esame colturale), pleurite, malattia infiammatoria dell'occhio e tenosinovite recidivante; possono inoltre presentarsene alcuni complessi a livello cerebrale (comprese le disfunzioni cognitive, l'oftalmoplegia ed il mioclono). E' provocata dal batterio Tropheryma whipplei che, inizialmente, attacca la mucosa intestinale, procurandole minuscole lesioni nella parete. Il batterio danneggia, inoltre, i villi intestinali, che rivestono il tenue, causando un'infezione che può, col tempo, diffondere in altre regioni del corpo. Non si conosce molto riguardo la natura del batterio; sebbene risulti essere presente nell'ambiente, gli scienziati non conoscono del tutto le modalità di trasmissione al genere umano. E' necessario, inoltre, aggiungere che non tutti i portatori del batterio sviluppino la malattia. Alcuni ricercatori ritengono, alla base di questa peculiarità, la presenza di un difetto genetico, nel patrimonio delle persone affette, a livello della risposta immunitaria, che le rende più suscettibili all'esposizione batterica. Il processo di diagnosi comprende: - Esame fisico. Il medico probabilmente inizierà con un esame fisico, alla ricerca di segni e sintomi che suggeriscano la presenza di questa condizione. - Biopsia. Un passo importante nella diagnosi è l'estrazione un campione di tessuto (biopsia), solitamente dal rivestimento del piccolo intestino mediante una endoscopia superiore; questo viene, poi, esaminato al microscopio per verificare la presenza di Tropheryma whipplei. Con biopsie negative, il medico potrebbe richiedere quella di un linfonodo. - Un test basato sul DNA noto come PCR (Reazione a Catena della Polimerasi), disponibile presso alcuni centri medici specializzati, in grado di rilevare i batteri di Tropheryma whipplei nei campioni bioptici o nel fluido spinale. - Emocromocitometrico completo. Gli esami del sangue mettono in luce alcune condizioni associate alla patologia quali la diminuzione del numero dei globuli rossi, l'anemia, e le basse concentrazioni di albumina, una proteina del sangue. Il trattamento farmacologico, della durata di un anno o due, avviene mediante antibiotici, in grado di distruggere i batteri causanti l'infezione.