Fenomeno "Blu Whale": una sfida all'ultimo sangue tra finzione e realtà

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I bambini di qualche anno fa di balena conoscevano, al massimo, quella di Pinocchio: un essere un po' spaventoso, dal quale il bambino di legno e suo padre cercavano di scappare. I bambini e i ragazzi di oggi, conoscono, invece, un'altra balena, la cosiddetta "Blue Whale". E no, non è un cartone animato, né un personaggio di una fiaba di Collodi. Ma cos'è questa Balena Blu? È stato inopportunamente chiamato gioco, ma della gioia dei giochi d'infanzia non ha nulla. Pare che si venga ingaggiati tramite social network: Instagram, WhatsApp, Facebook, chat. Ad orchestrare le operazioni vi è un "curatore": sarebbe lui a guidare i ragazzi psicologicamente vulnerabili prova dopo prova, dopo averli convinti di possedere informazioni che possono far male alla loro famiglia. Chi partecipa alla sfida si provocherebbe, prima di tutto, dei tagli alle braccia e pubblicherebbe post contrassegnati dall'hashtag #f57. Seguono poi una serie di prove che bisogna compiere in sequenza: gesti al limite, come camminare sull'orlo dei binari, da immortalare e condividere online. L'ultima prova è togliersi la vita. Da qui verrebbe il nome Blue Whale, per l'abitudine delle balene a spiaggiarsi e morire, senza motivo. A scoprire questo "gioco" estremo" gli adulti ci sono arrivati un po' dopo perché, si sa, le balene azzurre stanno solo nelle favole. I primi casi vengono dalla Russia: il primo a riportare la vicenda è stato Novaya Gazeta, il quotidiano di Mosca fondato da Anna Politkovskaja, giornalista investigativa uccisa nel 2006. Secondo un'inchiesta dello scorso anno, almeno 80 delle 130 morti avvenute in Russia tra il novembre 2015 e l'aprile 2016 vengono collegate a delle comunità virtuali su VKontakte, l'equivalente di Facebook in Russia, dove i ragazzi verrebbero istigati a togliersi la vita. In realtà investigazioni successive hanno evidenziato che non c'è nessuna connessione provata tra i suicidi e le chat. Esistono comunque dei "gruppi della morte", alcuni hanno preso a simbolo le farfalle, altri le balene, la cui comparsa è successiva al suicidio di una ragazza, Rina, diventata una sorta di figura simbolo di un culto non meglio identificato. L'unico che risulta incriminato per queste morti è il 21enne Phillip Budeikin, noto come "lis" ("volpe") che, secondo gli inquirenti di San Pietroburgo, avrebbe istigato al suicidio 15 teenager in 10 diverse regioni russe tra il dicembre 2013 e il maggio 2016. Anche su Budeikin c'è però poca chiarezza: More Kitov, creatore su VKontakte della comunità "Sea of Whales" sostiene che col suo gesto, l'amministratore della comunità #f57, ossia Phillip, avrebbe voluto solo accrescere il numero di membri della propria pagina usando una storia popolare tra i ragazzi e lanciando il mito di Rina. Dalla Russia però, proprio grazie alla velocità del web, la storia della Blu Whale si è presto diffusa in tutta Europa e, con essa, i suoi terrificanti effetti. In Italia, a parlare del fenomeno è stata per la prima volta la trasmissione televisiva Le Iene che ha raccolto le testimonianze di quattro mamme russe di ex "giocatori". Il servizio ha collegato al "Blue Whale" la morte di un giovane livornese: si è ucciso a 15 anni, lanciandosi da un grattacielo. Secondo la Polizia postale non risulta alcun collegamento e la trasmissione stessa ha poi ammesso che, di fatto, il collegamento non era accertato né molto chiaro. Esistono sospetti su un'altra serie di casi in varie regioni di Italia, ma l'ipotesi dell'esplosione di questo fenomeno - e con esso la diffusione di una psicosi di massa e di allarmismo generale - pare sempre meno convincente. La stessa Polizia Postale afferma, ancora, che non ci sono prove per stabilire se si tratta di un fenomeno emulativo o se dietro questi episodi ci sia una mente criminale che spinge i giovani al suicidio. Ciò che invece induce a riflettere è il nuovo modo in cui - che siano terrificanti o meno - certi fenomeni attirino l'attenzione e stuzzichino l'immaginazione dei giovani: nei loro sguardi e nelle loro parole intorno a questa balena spaventosa, non c'è l'ingenua paura dei bambini che leggevano le avventure di Pinocchio e temevano di finire nella pancia dell'essere marino. Nei loro occhi, purtroppo, c'è la morbosa curiosità di chi, nelle viscere del pericolo, ci si voglia invece fiondare. Che oggi sia una balena, domani un altro mostro spaventoso, per loro non fa alcuna differenza.

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