Venerdì, 19 Aprile 2024 02:46

Tu vuo' fa' l'americano, gli italiani tra valor nazionale e globalizzazione

Pubblicato in Società

L'abbattimento delle barriere, l'interculturalità, la globalizzazione, ci hanno resi cittadini del mondo: quello che è mio è tuo e viceversa e quindi accanto a pizza e babà troviamo sushi e kebab; tra le maschere di Arlecchino e Pulcinella fanno capolino streghe e zombie; ai saldi di fine stagione si aggiungono quelli del Black Friday e alle difficili parole italiane come soqquadro si affiancano quelle di ancor più difficile pronuncia come multitasking. Per lo meno se provate a farlo dire ai vostri nonni. Tutto il mondo, ormai, è tra noi e una matura conoscenza di culture e lingue diverse dalla propria è essenziale per una convivenza civile e un rispetto reciproco. Sono in molti però a lamentare un'esagerazione nonchè una ridicolizzazione delle usanze straniere, che porta gli italiani a fingersi figli del mondo dimenticando la propria cultura. Così come la propria lingua. Anche se, su questo punto, non è dato sapere se l'ignoranza non fosse già precedente alla globalizzazione. Oltre al fatto che spesso, per conoscenza delle culture, usanze e tradizioni straniere si intende solo Halloween, kebab o Starbucks, mentre si guarda ancora circospetti un uomo che prega su un Sajjada. Il dibattito si svolge tanto nelle strade quanto nei circoli letterari: tutti si esprimono e si schierano a favore del team "tu vuò fa l'americano " o di quello "sono un italiano vero". Basta bere un caffè americano e sciorinare termini inglesi nel primo caso, o conoscere a menadito storia e lingua italiana nel secondo. Senza sbagliare nemmeno un congiuntivo, ovviamente. "Quando una nazione perde il contatto col suo passato, con le sue radici, quando perde l'orgoglio della sua storia, della sua cultura e della sua lingua, decade rapidamente, smette di pensare, di creare e svanisce." È quanto scrive Francesco Alberoni sull'argomento. "Arriva tutto già pensato, digerito, omogeneizzato", aggiunge. Secondo lo scrittore, i Paesi Europei stanno rapidamente scomparendo come comunità creative: i Paesi del Nord Europa usano solo l'inglese, così come molte grandi imprese italiane. In Italia, ancora, si vuole ridurre la scuola media superiore da cinque a quattro anni per copiare gli Stati Uniti e già l'università copia il modello anglosassone della laurea breve. Nel mercato globale tutto si assomiglia: i centri commerciali, i prodotti venduti, i programmi televisivi, i divi, i modi di vivere. E a tutto ciò nessuno si oppone e, pur volendo, non ci riuscirebbe comunque. Guardando le finte pronunce inglesi o i ridicoli tentativi di scimmiottaggio accanto ai corrispondenti strafalcioni nella lingua italiana, oltre che nelle pratiche del vivere civile, forse il problema - o la soluzione - non sta in realtà né nell'omologazione né, al contrario, nella difesa del valor nazionale. Sta più semplicemente in una vera educazione alla civilità, qualunque essa sia. E voi, da che parte state?

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