Venerdì, 03 Maggio 2024 23:54

Crisi epilettiche, il 5% della popolazione ne ha almeno una nella vita

Pubblicato in Salute

Il termine “crisi epilettica” descrive una varietà di sintomi neurologici dovuti ad una scarica elettrica anomala, sincronizzata e prolungata, di cellule nervose della corteccia o del tronco cerebrale. Il 5% della popolazione, nell’arco della vita, ne ha almeno una, ma ciò non significa esserne affetti. La diagnosi implica una tendenza a crisi ripetute nello 0.5% dei casi. Queste sono favorite da fattori che aumentano l'eccitabilità elettrica delle cellule nervose ed abbassano la naturale soglia alla loro scarica spontanea quali, ad esempio, l'uso o la sospensione improvvisa di alcuni farmaci, droghe o alcool, febbre, deficit di sonno, alterazioni degli elettroliti, ed infine fattori genetici e metabolici. Si parla di epilessia idiopatica o primaria quando la storia clinica e gli esami diagnostici non rivelano cause per crisi ripetute; la maggior parte di queste è infatti dovuta a fattori genetici e metabolici ancora sconosciuti e si manifesta in età infantile o adolescenziale, quando una grande parte delle secondarie si manifesta, invece, dopo i 40 anni. Cause di queste ultime sono tumori, traumi ed emorragie cerebrali nonchè ischemie, trombosi dei seni cerebrali venosi, malformazioni vascolari e malattie infiammatorie del cervello quali vasculiti, meningiti, encefaliti o sclerosi multipla. Numerosi sono i tipi di epilessia; ognuno di questi implica diverse caratteristiche comportamentali e viene trattato in modo specifico. Proprio per queste grandi differenze, essa non è, dunque, da considerarsi una singola malattia ma come una sindrome caratterizzata da sintomi e segni differenti. Una prima suddivisione riguarda il coinvolgimento o meno dell'intero cervello.  Si parla di crisi generalizzate, il tipo più frequente, quando la crisi può iniziare in una parte del cervello per poi espandersi o iniziare simultaneamente in tutto l’encefalo. Le distinguiamo in grande e piccolo male. Generalmente iniziano con una fase tonica, con arresto del respiro, perdita di coscienza e di equilibrio. Dopo circa trenta secondi segue la fase clonica, caratterizzata da scosse cloniche dei muscoli del volto e degli arti. Dopo qualche minuto il paziente entra in stato comatoso, dal quale riemerge in una decina di minuti. La crisi di grande male può essere preceduta da uno stato particolare, detto aura, in cui si riscontrano, variamente associati, fenomeni motori quali scosse cloniche, allucinazioni, ecc. Nel piccolo male la varietà di sintomi è vasta; il più tipico è lo stato di assenza, la breve perdita, cioè, di coscienza della durata di pochi secondi di cui il paziente non conserva alcun ricordo, non seguita da perdita di equilibrio e spesso difficilmente avvertibile anche all'osservatore esterno per la sua estrema transitorietà. Si possono avere anche: il piccolo male mioclonico, con brevi scosse muscolari, le crisi acinetiche, con improvvisa perdita del tono muscolare e conseguente caduta, la narcolessia parossistica, con improvvisa caduta nel sonno. Parliamo, invece, di crisi parziali quando le manifestazioni sono dovute ad un'anomala attività elettrica in una circoscritta parte del cervello. Infatti, per motivi che ancora rimangono sconosciuti, i neuroni della porzione coinvolta iniziano a scaricare contemporaneamente. Non coinvolgendo l'intero cervello, in genere non comportano una perdita totale dell'equilibrio o della coscienza. Le loro manifestazioni dipendono dall'area cerebrale coinvolta. La sintomatologia più tipica è data dalle crisi jacksoniane; di queste, le motorie si manifestano con lesioni nella circonvoluzione frontale prerolandica e sono costituite da scosse cloniche in gruppi muscolari limitati controlaterali. Le sensoriali invece, si presentano con lesione nella circonvoluzione parietale postrolandica e alterazioni della sensibilità (anestesie e parestesie) in regioni corporee controlaterali. In quelle parziali, possono anche aversi allucinazioni o crisi vegetative delle quali, abitualmente, il paziente conserva una perfetta coscienza. Nelle psicomotorie, infine, si ha la presenza di automatismi motori, più o meno complessi, ed un notevole abbassamento del livello di coscienza, con presenza frequente di stato confusionale. Nella diagnosi è estremamente prezioso l'uso dell'elettroencefalogramma, che rivela specificamente le alterazioni dei bioritmi cerebrali. Tra i farmaci impiegati nella terapia ricordiamo: i derivati della serie dei barbiturici, degli ossazolidinici, dell'acetilurea e le succinimmidi. Tuttavia, il trattamento dell'epilessia costituisce, ancora oggi, un serio problema medico dato che nessuno dei farmaci noti risulta essere totalmente efficace ed innocuo. Ciò giustifica anche il corrente criterio di associarne due o più, riducendo proporzionalmente il dosaggio di ciascuno. Il raggiungimento della terapia ottimale, oggi anche con l'impiego delle più maneggevoli e meno pericolose benzodiazepine, è più facilmente ottenibile con il monitoraggio dei farmaci, cioè con il dosaggio dei loro metaboliti nel sangue al fine di attenersi al minimo delle dosi efficaci, evitando il più possibile le conseguenze di un uso obbligatoriamente prolungato.