La tecnologia non va mai in vacanza

Pubblicato in Scienza

"Ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo": così cantavano circa un anno fa J-Ax e Fedez in uno dei grandi tormentoni dell'estate scorsa. L'estate, si sa, è il periodo dei tormentoni, delle canzoni che passano in loop nelle radio, di vacanze, aperitivi in città o sulla spiaggia, cocktail, feste e serate. Il tutto ovviamente postato e documentato sui ogni social network possibile e immaginabile. Perché, diciamocelo, la tecnologia non va ma veramente in vacanza. E noi, ci andiamo veramente? Staccare la spina è di sicuro la frase più pronunciata e gettonata di ogni estate, ma pochi di noi riescono davvero a renderla reale. Da un'indagine di Booking.com svolta su 18mila persone provenienti da più di 25 Paesi del mondo, è emerso che quasi il 50% di loro reputa cruciale il primo giorno di vacanza ma, non appena si arriva nella destinazione prescelta, tra le prime attività da fare c'è quella di scattare foto a più non posso per postarle sui social network, oltre che controllare le mail. Insomma, la tecnologia prima di tutto, ancor più della vacanza stessa. Nelle prime 24 ore del viaggio, inoltre, spesso già in fase di prenotazione, il 32% dei viaggiatori ci tiene a controllare la disponibilità di una connessione wifi potente: circa il 40% delle persone - non solo adolescenti, ma anche giovani e adulti - partono col timore di non riuscire a connettersi o essere online. Anziché dire addio al mondo, sembra che sia invece diventato essenziale portarselo dietro, ovunque si vada. Adulti, bambini e adolescenti sono completamente immersi nel mondo digitale da non accorgersi di superare spesso il limite, quello che separa la vita reale da quella virtuale, la privacy dalla condivisione spietata, il meritato riposo dal suo paradossale e ossessivo sbandieramento. Non a caso, una delle patologie dei nostri tempi è la cosiddetta Nomofobia o Sindrome da Disconnessione, che ci accompagna pure in vacanza. Ci ritroviamo così a vedere i social invasi da frasi filosofiche che accompagnano improponibili foto di cosce vista mare, selfie al tramonto, sotto l'ombrellone, sotto il sole o con un drink in mano. Un'ostentazione smodata del proprio divertimento da spiattellare al popolo del web, spesso non solo per pura condivisione della propria felicità ma anche per far invidia a chi, purtroppo, in ferie non va mai. L'altra faccia della medaglia, infatti, è quella dei voyeur, di chi si deprime guardando la finta felicità dei vacanzieri, i quali magari trascorrono tre quarti del tempo col cellulare in mano piuttosto che a parlare coi propri compagni di viaggio. È vero che l'estate, per qualcuno, è il momento in cui restare connessi col mondo può essere maggiormente vantaggioso: pensiamo, per esempio, a quei giovani che approfittano di ferie e vacanze altrui proprio per trovare lavori occasionali e che sfruttano proprio il web per avere qualche opportunità di lavoro. Ed è vero anche che, ormai, accantonare completamente la tecnologia, motore della società odierna, non è mai veramente possibile: la vita continua a scorrere anche se noi siamo in vacanza e, al ritorno, tornare a starle dietro diventerebbe un'ulteriore fonte di stress. Ogni tanto, però, prima di scattare una foto solo per postarla sui social, ricordare le "famose" parole "vorrei, ma non posto" potrebbe essere una scelta salutare, soprattutto per noi stessi.

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